Come ottimizzare il processo di selezione
Tre i passaggi chiave: “formare” il manager interessato, costruire uno scambio continuo con i componenti delle divisioni coinvolte, ridurre il numero dei colloqui.
Una divisione HR italiana impiega in media dalle quattro alle otto settimane per completare un intero processo di selezione. Dalle quattro alle otto settimane per passare dal primo contatto all’on boarding della risorsa in azienda.
Un tempo che spinge a chiedersi se, anche rispetto alla velocità con cui hanno imparato a marciare altre funzioni aziendali nell’era post-digitale, non si possa davvero fare meglio di così.
Di sicuro la forte componente umana di ogni divisione HR, che è la sua forza ma a volte pure il suo tallone d’Achille, spiega da sola le ragioni di qualche ritardo nel processo di allineamento di questa funzione rispetto alle altre. Eppure, questa natura ibrida (per metà umana, per metà tecnologica), che ogni tanto costituisce come detto il freno di questo ambito aziendale, molto più spesso rappresenta il suo punto di forza.
A questa verità fa però da contraltare un altro aspetto, ugualmente vero. Quello legato al bisogno sempre crescente delle imprese di ottimizzare, forse addirittura prima di tutti gli altri, i processi della divisione deputata proprio a garantire la presenza e il ricircolo del giusto talento in azienda. Esigenza tanto più sentita quanto più il gruppo occupa un certo ruolo sul mercato, oppure opera in ambiti il cui bisogno di competenze ha raggiunto livelli bulimici (tecnologico, chimico, alimentare, tessile e meccanico, solo per citarne alcuni).
Come velocizzare allora il processo di selezione portando la funzione HR a muoversi al ritmo delle altre in azienda? Tre, a nostro avviso, i passaggi chiave di questo percorso.
“Formare” il manager a cui è destinata la risorsa.
Non può esserci miglioramento del processo di selezione senza il pieno coinvolgimento del manager a cui la risorsa è destinata. Il rallentamento spesso si deve proprio a una gestione approssimativa delle comunicazioni e delle disposizioni tra il responsabile operativo (o manager di linea) e il recruiter. Prima di avviare la selezione, un minimo di “formazione” del responsabile è dunque necessaria. Formazione sulle fasi da seguire, i tempi, i modi da adottare per arrivare prima e meglio a una valutazione accurata del candidato.
Il manager ha già calendarizzato le chiamate? Ha già ottenuto qualche riscontro? Ha già fissato i primi colloqui? Quando conta di fornire i primi feedback? Fissare a monte del processo brevi incontri, scadenzati massimo 2/3 giorni l’uno dall’altro, contribuirà a mettere la giusta pressione su chi si farà carico della valutazione tecnica della risorsa. Per la ragione opposta, vanno assolutamente evitate decisioni collegiali all’interno della linea. In mancanza di un manager diretto, meglio nominare un interlocutore privilegiato nel team coinvolto e mantenere la comunicazione soltanto con lui.
La cooperazione necessaria (e spesso inconsapevole) dei team coinvolti.
La cooperazione con i componenti del team coinvolto nell’inserimento di una risorsa è il boost naturale di ogni selezione. Come il traffico organico di un sito internet, se avete presente. Ecco perché questo genere di cooperazione non si costruisce alla bisogna. È un rapporto che va seminato, coltivato e innaffiato con cura, quello, perché dia frutti quando è necessario. Stabilire quindi un contatto settimanale di qualunque genere con i membri di ciascun team, con l’obiettivo di comprendere quali figure orbitano attorno al loro entourage, e saper valutare all’occorrenza la presenza di profili interessanti, promette di essere il migliore degli investimenti a lungo termine di ogni HR. Una volta consolidato, infatti, questo genere di cooperazione tra divisioni non soltanto accelera organicamente il processo di recruiting, ma ottimizza anche la qualità delle candidature raccolte.
Non accanirsi sul candidato.
A meno di particolari esigenze o situazioni di grande necessità o emergenza, accanirsi su un candidato, accanirsi su un candidato, convocandolo a più e più colloqui, non è di solito la migliore soluzione tra quelle percorribili. Impatta sui tempi complessivi della selezione e difficilmente di solito garantisce nei mesi a venire i risultati che neanche al terzo colloquio è stato possibile immaginare. Per questo il consiglio è ridurre il numero dei colloqui allo stretto necessario. Meglio, molto meglio per il recruiter prepararsi a monte, implementando colloqui strutturati basati su griglie di valutazione prestabilite. L’altro grande vantaggio, in questo caso, è l’uniformità di valutazione tra i diversi candidati.
Ottimizzare, in fondo, non vuol dire solo guadagnare tempo. Ma anche investirlo meglio.
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