Assumere rapidamente o assumere bene? Si scrive Time to hire si legge “Quality of hire”

La risposta alla domanda che dà il titolo a questo articolo sembra scontata, ma i dati sul turnover dei neoassunti ci mostrano chiaramente il contrario. Tra assumere rapidamente e farlo come si deve, molte organizzazioni, infatti, sembrano scegliere la prima soluzione.

Non è un mistero, dopotutto, che il Time to hire sia diventato sempre di più un fattore chiave nella strategia di ricerca e selezione del personale. Un elemento, cioè, in grado di determinare da solo la qualità del processo di assunzione, ma che forse rischia di impattare su un altro tipo di qualità. E ben più importante del processo, visto che ne è il suo obiettivo: quella del talento da portare a bordo.

Trascurare questo genere di qualità pur di ridurre il Time to hire, infatti, potrebbe trasformarsi in un fattore di rischio molto alto per le organizzazioni. Le quali, in tempi di talent scarcity e di grandi investimenti volti a contrastare fenomeni come great resignation e quiet quitting, hanno bisogno solo di riuscire a coniugare tempismo e qualità.

Continuare quindi a valutare i processi di selezione cronometro alla mano, non aiuterà di certo le organizzazioni a mitigare gli effetti di quella “crisi di talento” che sta caratterizzando l’intero mercato del lavoro. In questo articolo proveremo allora a riflettere sul primato della qualità sul tempo in ottica recruiting. E lo faremo offrendo alcune soluzioni pratiche per fare in modo che Time to hire (TTH) coincida sempre di più con Quality of hire (QOH).

E se assumere rapidamente fosse un falso mito?

Negli ambienti HR, da ormai diversi anni, i talent leader non fanno che ripetere con quale rapidità stia cambiando il mercato del lavoro. Non si capisce allora perché, con tutto quello che sta cambiando, questa faccenda del voler assumere rapidamente non sia mai stata messa in discussione. Conosciamo l’obiezione: assumere rapidamente ha molti vantaggi. In primis, aiuta a contenere i costi.

Di questi tempi, poi, ridurre il Time to hire vuol dire impegnare meno risorse. Vuol dire far ripartire più in fretta la macchina organizzativa e ridurre i rischi di perdere business continuity. Vuol dire mettere in sicurezza il patrimonio di conoscenza dell’organizzazione e non sprecare vantaggio competitivo. Infine, vuol dire anche rafforzare la propria strategia di employer branding offrendo una migliore candidate journey.

Per carità, tutto giusto. Ma se il prodotto di un buon Time to hire sono poi assunzioni che si dimostrano “deboli” nel medio e nel lungo periodo, il vantaggio dove sta? Se chi viene assunto non è in grado di assorbire cultura e logiche proprie ai piani organizzazivi di ciascuna azienda, in quel caso lì, quanto vale il tempo perso?

Proprio in termini strettamente economici, chiediamo: a quanto ammonta la perdita di una selezione che mette il Time of hire sopra ad ogni altro criterio di valutazione del processo? Queste sì che sono domande retoriche, perché tutti sappiamo che il prezzo per le organizzazioni, in quel caso, sarebbe incalcolabile.

Dal momento che ai costi fissi, cioè quelli veri e propri, andrebbe aggiunta la perdita di tutto quel capitale immateriale che una dimissione o un inserimento sbagliato porta sempre, inevitabilmente con sé.

E allora, perché se il mercato del lavoro sta cambiando su tutto, le organizzazioni non fanno pace con l’idea di dover rinunciare alla pretesa di assumere rapidamente e non abbracciano politiche più orientate a inserire qualità nel tempo che investono per i loro processi di recruiting?

Cinque modi per migliorare il TTH senza rinunciare al QOH

Per provare a dimostrare la teoria dalla quale siamo partiti, abbiamo scelto cinque proposte. Cinque strade alternative per cambiare la prospettiva dalla quale la maggior parte delle organizzazioni osserva i propri processi di ricerca e selezione del personale. Ma anche cinque passaggi da implementare all’interno delle proprie strategie HR.

Vediamo insieme in che modo i talent leader possono continuare ad assumere rapidamente senza dover rinunciare a un briciolo di qualità:

  • Implementare un sistema di recruiting data-driven
  • Sviluppare una pipeline di talenti
  • Semplificare il colloquio per recuperare tempo
  • Facilitare la comunicazione con i candidati
  • Migliorare la collaborazione con gli hiring manager

Come coniugare tempismo e qualità nel recruiting process

Proviamo allora a riflettere e analizzare singolarmente le azioni alla base della nostra strategia. In modo da offrire un percorso che aiuti le direzioni HR ad assumere rapidamente coniugando, però, due fattori essenziali come tempismo e qualità.

1. Implementare un sistema di recruiting data-driven

Implementare un sistema di recruiting data-driven può aiutare l’organizzazione a raggiungere meglio l’obiettivo che ci siamo prefissati all’inizio di questo articolo. Ovvero dimostrare che assumere rapidamente è possibile senza venire meno alla qualità dei candidati da portare a bordo. Adottare per esempio un sistema di KPI legati alle diverse fasi del processo di recruiting aiuta a efficientare il meccanismo di gestione.

Documentare e collettare i dati raccolti nelle diverse fasi della selezione – dai tempi di creazione dell’annuncio di lavoro a quanto passa prima di procedere con lo screening dei candidati, dal numero e dal tipo di colloqui intermedi effettuati, fino alla formulazione delle offerte di lavoro – permette di tenere monitorato tutto il processo e individuare eventuali bug nell’ingranaggio su cui intervenire direttamente e più in fretta.

2. Sviluppare una pipeline di talenti

Ogni tanto serve fare un passo indietro per farne due in avanti. Metafora perfetta per dimostrare come si possa assumere rapidamente senza rinunciare in nessun modo alla qualità. Ed è il caso della creazione di una pipeline di talenti. Preselezionare candidati potenzialmente idonei e inserirli in una specie di wishlist organizzativa da cui attingere di volta in volta consente infatti di ridurre i tempi (e i costi) di ogni assunzione.

Tagliando in partenza i tempi tecnici necessari all’individuazione del candidato “migliore”. Naturalmente, il vantaggio di un implemento di questo tipo sarà maggiore per le figure che vengono assunte con una certa ricorrenza all’interno dell’organizzazione.

3. Semplificare il colloquio per recuperare tempo

La tecnologia serve a nutrire il talento, non a sostituirsi a lui. Ma è innegabile che l’apporto fornito da un certo tipo di innovazione nei processi di recruiting possa generare vantaggi diretti sul tempo senza incidere sulla qualità.

Per questo, affinare la ricerca dei talenti con software di pre-screening non vuol dire appaltare la decisione finale su quel candidato a un’intelligenza artificiale. Significa, semmai, sfruttare il potenziale della tecnologia per migliorare i parametri di scelta e aumentare la qualità. Ancora una volta: veloce non vuol dire per forza peggio.

4. Facilitare la comunicazione con i candidati

Ci risiamo. Anche qui vi proponiamo di aggiungere del tempo prima per recuperare del tempo (e della qualità) dopo. Ma come, starete pensando, dovevamo semplificare e stiamo aggiungendo passaggi? Obiezione accolta. Ma ricordate il punto da cui siamo partiti?

Il nostro obiettivo qui non è mostrare come assumere rapidamente, ma come assumere rapidamente senza rinunciare alla qualità dei talenti coinvolti. E una comunicazione più agile e semplice con i candidati aiuta senza dubbio a farlo. Il consiglio stavolta è quindi quello di personalizzare quanto più possibile la comunicazione con i singoli candidati, evitando email o messaggi impersonali. Non solo. Ideale sarebbe aprire- laddove non ci fossero già – ulteriori canali di comunicazione. Ma comunicazione più rapida (come Whatsapp o Telegram), dove scambiare aggiornamenti e informazioni utili relative al processo di selezione. Un modo per migliorare la candidate journey e tenere i talenti ingaggiati.

5. Migliorare la comunicazione con gli hiring manager

Sappiamo bene quanto il supporto dei manager nel processo di selezione sia utile per determinare una maggiore qualità e “aderenza” dei candidati selezionati. Eppure questa collaborazione produce spesso un impatto negativo proprio sul Time to hire. In altre parole, molto spesso quello che doveva rappresentare un beneficio per la qualità della selezione si trasforma in uno svantaggio di tempo. Il più delle volte questo si deve a uno scarso coinvolgimento dei manager di linea.

Come aiutarli, allora, a supportare la direzione HR senza diventare degli “ostacoli”? L’utilizzo di strumenti di collaborazione che aiutino a mantenere coinvolti e informati questi colleghi può essere la risposta a questa domanda. Un software gestionale può essere utilizzato, ad esempio, per condividere tutte le informazioni raccolte sui candidati affinché i colleghi abbiano più elementi per la valutazione e procedano più spediti. Ed ecco che siamo tornati all’equazione di partenza…

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