Tecnologie dell’informazione e della comunicazione: sono queste le parole chiave del successo nel “nuovo” mondo del lavoro. Quello, cioè, che comincia via via a delinearsi tra le macerie dell’economia post pandemica.
La digitalizzazione delle imprese sta fornendo, in questo delicatissimo momento di transizione, uno degli stimoli maggiori al mercato occupazionale. E lo si vede nella ricerca di professionisti del settore TIC che ormai tutte le aziende stanno avviando. Lo testimoniano, d’altronde, anche i dati Ocse. Secondo cui quattro posti di lavoro su dieci, nel periodo dal 2006 al 2016, sono stati creati in ambiti altamente digitalizzati. Parliamo di circa trenta milioni di nuovi occupati, distribuiti nei diversi Paesi membri.
E parliamo, soprattutto, di figure eterogenee tra loro. Profondamente diverse, cioè, ma comunque protagoniste della cosiddetta transizione digitale. Profili che riguardano il web, i software, le reti, le app, i data center, la cyber security, le intelligenze artificiali. Insomma, tutto ciò che può aiutare un’azienda a restare competitiva sul proprio mercato di riferimento. Se non, addirittura, a conquistarlo.
TIC, il paradosso italiano
Eppure in Italia, secondo quanto riportato nell’ultimo Rapporto Annuale dell’Istat, appena il 4,7% delle imprese ha sostenuto investimenti elevati nelle TIC, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per il miglioramento dei processi digitali. Significativo, d’altro canto, è che questa piccolissima fetta del Paese sia in grado di rappresentare oltre il 30% del valore aggiunto nazionale.
Tra i professionisti digitali già ampiamente presenti in azienda figurano, in particolare:
- Digital marketing manager (vendite online, uso di canali commerciali via social)
- Chief Information Security Officer (protezione dati e tecnologie digitali aziendali)
- Enterprise Architect (organizzazione reti e infrastrutture digitali)
- Data Engineer (analisi e organizzazione dati)
Professioni Digitali, una nuova sfida per i recruiter
Ma se i dati Istat fotografano il paradosso italiano legato al numero esiguo di aziende che ha sostenuto investimenti in tecnologie dell’informazione e della comunicazione, c’è un’altra importante analisi, condotta stavolta dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, secondo la quale almeno il senso di marcia sarebbe stato invertito: il 96% delle aziende italiane, infatti, sta cercando di introdurre nelle proprie divisioni interne nuove professionalità digitali.
In ordine sparso, secondo i bisogni specifici, naturalmente, ma grossomodo su tre macroaree di riferimento:
- Gestione e analisi dei dati: data scientist e data architect
- Agile Transformation: agile specialist
- HR Innovation: digital learning e social media recruiter
Digitalizzazione, come cambia il mercato del lavoro
Appare evidente che la ricerca di queste nuove figure stravolga anche gerarchie e poteri all’interno delle organizzazioni. L’interconnessione tra staff tecnologico e di business strategy richiede maggiore fluidità di rapporti, una diversa e più massiccia sensibilizzazione sulle tematiche digitali e soprattutto un ruolo di maggior influenza per chi si occupa delle TIC.
Aspetti che stanno cambiando sensibilmente il mercato del lavoro. Perché se da un lato le professioni che richiedono competenze digitali sono pagate di più poiché più difficili da individuare e reperire, dall’altro consentono alle aziende di esternalizzare un grande quantità di attività rispetto al passato recente. Dunque, col cambiare del lavoro in azienda, cambia anche il modo di rivolgersi al mercato delle competenze.
E così che l’outsourcing, la concorrenza internazionale e la crescita delle piattaforme digitali possono alterare gli equilibri del mercato favorendo il ricorso massivo a lavoratori “a chiamata”.
Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le tendenze
La fase di transizione digitale, come è noto, impone alle aziende rapidi cambi di direzione. In ogni settore, le professionalità emergenti si fanno spazio in tempi sempre più rapidi. Vale la pena allora in questa sede citarne alcune che, si prevede, nel giro di pochissimo tempo troveranno un’ampia diffusione nelle organizzazioni.
Tra gli altri, a farsi maggiormente largo saranno gli specialisti in:
- Intelligenza artificiale
- Blockchain
- Internet of Thing (IoT)
- Robotica
Insomma, in un clima di assoluta imprevedibilità rispetto alla direzione delle aziende in ambito IT, quello che appare ormai certo è che nell’era del boom delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione occorrerà diventare specialisti della duttilità. Vale per chi cerca lavoro, naturalmente. Ma vale, prima ancora, per chi il lavoro lo offre.
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