La rivoluzione digitale non può attendere: il Coronavirus spinge l’ICT in outsourcing

Basterebbe lo smart working. Basterebbe cioè pensare a com’è stato gestito durante l’emergenza – in due parole: coi piedi – per convincerci che in mezzo al disastro prodotto, qualcosa di buono, il Coronavirus, ce l’ha lasciata.

Migliaia di professionisti, per esempio, ora sanno bene che quello svolto in quarantena non era lavoro agile (al massimo, remote working); mentre per una quantità incalcolabile di aziende, la necessità di uscire dal medioevo tecnologico non è più prorogabile.

Perché l’emergenza Covid-19 ha stravolto le priorità di tutti, a tutti i livelli; ma ha agito forse con maggiore incisività sulle PMI, da sempre le più lente a rispondere ai cambiamenti imposti dal mercato.

 

Il ritardo sull’ICT e gli ostacoli ai processi di digitalizzazione

Come c’era da aspettarsi, anche stavolta è andata così. Sui servizi ICT, in particolare, molte piccole e medie imprese si sono scoperte più vulnerabili e impreparate di fronte all’emergenza. Così, oltre agli effetti già devastanti prodotti dalla crisi, molte stanno pagando un prezzo altissimo anche a causa dei ritardi cumulati e degli ostacoli dovuti all’avvio di processi di digitalizzazione in piena emergenza.

Ecco perché, chi ha potuto ha accelerato lo switch e affidato in outsourcing tutto, o in parte, il pacchetto ICT – un settore a forte innovazione e che richiede un’altissima specializzazione: impossibile, quindi, organizzarlo internamente dall’oggi al domani. Mentre chi è rimasto indietro sembra pagare penali altissime in termini di produttività. E recuperare terreno, per molti di loro, non sarà facile. 

 

Una task force esterna a supporto dei team interni

Una testimonianza illuminante arriva da uno dei protagonisti del mercato mondiale dell’ICT, Darren Lee, managing director dell’australiana Market Creations. Chiaro, è un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono, ma nell’intervista rilasciata a Business News, il manager un paio di argomentazioni convincenti le trova, per spostare il dibattito dalla sua parte. 

Tanto per cominciare, spiega Lee, se la divisione HR studia una soluzione in outsourcing per la gestione dell’ITC, avrà di sicuro di che risparmiare in termini di efficienza. E questo molto banalmente perché le altre divisioni potranno continuare a lavorare ciascuno ai suoi progetti, col motore a pieno giro, senza dissipare inutilmente energia dietro piccoli o grandi problemi di tipo tecnologico. 

 

Meno costi, meno rischi, maggiore produttività

Sempre in termini di efficienza, Lee insiste: se è vero che il lavoro agile consente una maggiore flessibilità, è vero anche che la struttura ICT deve essere guidata per farlo, e, se lo staff ICT è interno, questo potrebbe non essere sempre possibile. Inoltre, altro motivo per pensare all’outsourcing, per lavorare da remoto è fondamentale implementare tool e protocolli migliori: inutile dire che il provider professionista saprà dare le dritte migliori in ogni contesto.

Fattore non trascurabile, poi, è quello che riguarda i risparmi. Così come tendenzialmente si assiste a una riduzione di disagi e perdite di tempo nell’aggiornamento di hardware e software. C’è poi un altro fattore nevralgico, ed è quello legato alla riduzione del rischio di contagio. Perché soprattutto oggi affidare all’esterno funzioni e servizi consente di ridurre in azienda i rischi sanitari di qualsiasi natura.

Lee ricorda inoltre che la tecnologia cloud che caratterizza lo smart working e i rapporti tra azienda e fornitori ha tra gli altri vantaggi anche quello di far crescere la produttività e l’entsiasmo in azienda. 

 

Una esternalizzazione parziale dell’ICT e continuità di servizio.

Data la complessità e la varietà dei servizi coinvolti, si può inoltre anche pensare di esternalizzare la funzione ICT anche solo parzialmente, ricorda ancora Lee, e i vantaggi sarebbero comunque notevoli per l’azienda. 

Senza contare che in qualsiasi contesto di trasformazione organizzativa, anche radicale, la gestione esterna dei servizi ICT può garantire una continuità di rendimento in termini di efficacia ed efficienza. Pandemia a parte, ovviamente.