Da risorse umane a relazioni umane: perché l’HR non può occuparsi di tutto

Tra le critiche più facili che da tempo si sentono rivolgere ai responsabili delle risorse umane, ce n’è una a forma di domanda che meglio di altre fotografa la mutazione subita negli anni da questo ambito: cosa c’è, ancora, di H, nell’HR?

Domanda legittima, d’accordo, che però se da un lato dice di come e quanto rapidamente sia cambiata la morfologia di questo dipartimento, dall’altro sottintende in maniera provocatoria la misura visibilmente dannosa in cui questo cambiamento si è prodotto. Dopotutto, se zavorri una divisione aziendale a carattere prettamente umano di competenze che con l’umano hanno poco o nulla a che vedere, e quando succede che l’hanno è sempre per via traversa, non c’è da meravigliarsi poi se la prima cosa a soccombere sia il fattore che tra i tanti è per sua natura il più volubile: quello umano, appunto.

Per fortuna, uno dei principali vantaggi delle grandi metamorfosi che ciclicamente si producono, è che queste presto o tardi offrono sempre l’occasione per raddrizzare la china e riprendere una rotta migliore di quella che si sta seguendo.

Processo che nell’ottica di una più coerente organizzazione delle risorse umane, che rimetta insomma quella al centro dell’interesse del dipartimento, e che ribalti il paradigma con l’uomo (da risorsa a relazione), passa per una meticolosa riorganizzazione delle attività. In che modo? Attraverso un oculato piano di redistribuzione delle mansioni tra i vari dipartimenti dell’azienda. O, quando impossibile, mediante l’esternalizzazione di alcuni servizi.

Trasferire ad esempio le funzioni amministrative, legali e contabili ad oggi in carico alla funzione HR a servizi già esistenti all'interno dell’azienda, o a fornitori di servizi esterni e specializzati, permetterà da subito all’HR di ristabilire un contatto con attività più inclini alla loro natura: recruiting, gestione delle professionalità, formazione, welfare.

Sempre nell’ottica di rendere maggiormente efficienti le funzioni HR, un’altra valida alternativa è quella rappresentata dallo sfruttamento della “vocazione umana” di altri dipartimenti. Un modo per alleggerire a costo zero il carico delle competenze dell’area HR e, al tempo stesso, migliorarne le prestazioni. Per fare questo, però, occorre prima di tutto saper individuare gli ambiti in cui può esserci una sinergia tra due o più settori e, una volta riconosciuti, sviluppare progetti mirati. Un suggerimento, in questa direzione, arriva dall’HR Manager di Monster Italia, Federica Brandimarte. Che in un'intervista, parlando di uno dei temi su cui si gioca buona parte della credibilità di un dipartimento HR che si rispetti, ovvero l’employer brandingsi è espressa in termini nettissimi: una partnership col marketing è la strada maestra da seguire. “Se da un lato è compito proprio di un marketing efficiente comunicare verso l’esterno i concetti essenziali dell’azienda - ha spiegato Brandimarte – dall’altro spetta poi all’HR in qualche modo customizzare questa comunicazione, renderla più efficace in termini di attrattiva rispetto al target di candidati che a quell’impresa interessa raggiungere. Ecco perché trovo piuttosto miope in termini strategici non riconoscere che azioni di marketing puro hanno ricadute dirette e misurabili sull’employer branding. E che questo, poi, avrà un controvalore spendibile in chiave HR”.

Insomma, trasferire tutto, delegare in parte, e saper gestire in outsourcing i processi più delicati: eccoli i tre elementi della sfida che attende la funzione HR di domani.