Non tutto è welfare: l’organizzazione “people powered” punta sul corporate wellbeing

Diciamo “welfare aziendale” e pensiamo non ci sia bisogno di aggiungere altro. Eppure, se riflettessimo un istante di più sulla sua funzione attuale, ci accorgeremmo presto che la definizione più accurata è senza dubbio “corporate wellbeing”.

A questo punto qualcuno potrebbe pensare: “va bene, chiamiamolo pure come volete, l’importante è capirsi”. Ecco, per capirsi, la prima cosa da fare è chiarire subito l’equivoco: “welfare aziendale” e “corporate wellbeing” non sono affatto la stessa cosa. Anzi, per meglio dire, non dovrebbero essere la stessa cosa. Perché se per molti si tratta solo di una sfumatura semantica, di un modo diverso per descrivere la maniera in cui un’azienda si rende competitiva sul mercato dei talenti e più attrattiva agli occhi dei suoi stessi collaboratori, per altri la faccenda è ben più complessa di così.

Nelle organizzazioni che hanno compreso la portata della differenza tra queste due definizioni, infatti, sul corporate wellbeing si sta giocando una partita molto più articolata. Una partita che coinvolge tutte le funzioni aziendali. A cominciare dai vertici. Perché si tratta di una partita che ha l’obiettivo di spostare completamente il mindset dell’impresa. Passando da una modalità “business oriented” a una decisamente “people powered”.

Da welfare a corporate wellbeing

In fondo sta tutta lì la differenza tra welfare aziendale e corporate wellbeing. Con il primo termine, infatti, la strategia d’impresa rimane salda sugli obiettivi di business. Mentre, con il secondo, sono le persone ad assumere centralità nei modelli organizzativi e a diventare la prima leva strategica di sviluppo. Il loro benessere dentro e fuori l’ambiente di lavoro non è più un’appendice agli obiettivi di crescita, ma ne è il carburante. La linfa. La condizione senza la quale non solo non c’è visione futura, ma non c’è crescita, non c’è sviluppo. In altre parole, senza le persone mancherebbe l’idea stessa dell’impresa.

Per anni le organizzazioni hanno pensato al welfare come a un di cui. A un elenco statico di bonus e benefit di diverso tipo da elargire con più o meno generosità a seconda dell’importanza del ruolo, della funzione e del peso strategico della risorsa che ne avrebbe beneficiato. Incentivi che l’azienda offriva per oliare l’ingranaggio della motivazione. Mirando però al solo fine produttivo. Oggi questo disegno è entrato ampiamente in crisi. Anzi, possiamo dire che non ha più alcun senso nel New Way of Working.

Il welfare aziendale nel vecchio rapporto azienda-collaboratore:

  • bonus economici
  • auto aziendale
  • flexible benefit

Il corporate wellbeing nel New Way of Working:

  • work-life balance
  • supporto psicologico
  • health & wellness
  • sostegno ai caregiver
  • fondi pensione
  • servizi per la genitorialità
  • flexible benefit

La sensibilità delle nuove generazioni, e i cambiamenti culturali avvenuti nella società, hanno modificato alla radice i bisogni delle persone. Non solo: hanno letteralmente imposto una riscrittura del patto tra azienda e collaboratori. Non si vive più per lavorare, ma si lavora per vivere meglio: è questo il nuovo mantra dal quale non si torna più indietro. E lavorare in un ambiente reso stimolante da condizioni che migliorano la vita dentro e fuori l’impresa è il minimo che i nuovi professionisti si aspettano di negoziare in cambio del loro talento. Attenzione però: qui parliamo di incentivi che non si limitino soltanto a qualche bonus economico, ma che comprendano tutte e cinque le dimensioni del benessere della persona.

Le cinque dimensioni del benessere

D’accordo: ma di cosa parliamo, allora, quando parliamo delle cinque dimensioni del benessere di un collaboratore? Capirlo è fondamentale, perché queste dimensioni rappresentano i cinque pilastri del corporate wellbeing e dell’impresa people powered. In breve, potremmo dire che ci riferiamo a tutto ciò che coinvolge la sfera fisica ed emotiva che lega una persona all’azienda per cui lavora. Provando a dirlo meglio, ci riferiamo a:

  1. benessere economico: che riguarda la capacità di gestire le proprie finanze con sicurezza e permette di prepararsi a eventuali imprevisti futuri;
  2. benessere relazionale: che coinvolge l’insieme dei rapporti e delle relazioni con la società, tanto interna quanto esterna all’impresa;
  3. benessere psico-fisico: che implica la capacità di agire in salute e compiere scelte sane nel contesto professionale come all’esterno;
  4. benessere cognitivo: che comporta lo sviluppo di nuove competenze personali e professionali e implica la capacità di evolvere come individuo;
  5. benessere conciliativo: che è connesso all’armonia tra lavoro e vita privata ed è in grado di generare orgoglio, soddisfazione e valore in ambito pubblico e privato

Dalla mappa dei bisogni globali la strada verso il “next normal”

Una volta definite le macro aree su cui calibrare una strategia di corporate wellbeing, resta però ancora da capire in che modo le persone verrebbero effettivamente messe al centro del progetto. In altre parole: com’è che si passa dalla teoria alla pratica. E qui la faccenda inevitabilmente si complica. Perché è evidente che non possa esistere una strategia che vada bene per tutti. Ogni azienda, infatti, ha caratteristiche e peculiarità che variano in base a moltissimi fattori: dimensioni, settore, cultura aziendale.

Però se è vero che “one size doesn’t fit all”, è altrettanto vero che esistono degli approcci strategici più strutturati di altri. Uno di questi prevede ad esempio il rispetto di passaggi semplici, che le direzioni HR conoscono perché diventati ormai la base per conoscere meglio le persone in azienda. Stiamo parlando di:

  • una survey per mappare i bisogni globali e specifici della popolazione aziendale
  • analisi dei risultati e prioritizzazione delle esigenze
  • sviluppo di una roadmap di medio/lungo termine
  • definizione di piani di corporate wellbeing che comprenda più bisogni possibili
  • sviluppo di un piano di comunicazione interna
  • la definizione di un pool per la misurazione dell’impatto delle iniziative
  • raccolta feedback e analisi KPI

Il corporate wellbeing diventa la leva per una migliore EVP grazie ai consigli degli specialisti Monster

Ora che abbiamo spiegato come il corporate wellbeing può diventare un’autentica leva strategica di sviluppo, porta la tua organizzazione a un livello successivo. Riconosci ai tuoi collaboratori la centralità funzionale che il mercato attribuisce loro, e sfrutta il potenziale espresso da un migliore benessere delle tue persone in ottica di attracion e retention. Gli specialisti Monster possono aiutarti ad individuare la migliore strategia per sfruttare la EVP della tua azienda. Contatta ora il nostro team e lasciati supportare nella definizione di una strategia realmente “people powered”.