Trasferta, il viaggio non è orario di lavoro

TRASFERTA, IL VIAGGIO NON E’ ORARIO DI LAVORO

Per il Ministero del Lavoro, il tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro durante il periodo della trasferta non è da considerarsi orario di lavoro.

di Rossella Schiavone

La normativa comunitaria sull’orario di lavoro è attuata nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 66/2003. Stante le norme in vigore, quindi, per definire se un periodo sia da ricomprendersi nell’orario di lavoro è necessario che si verifichi la coesistenza di tre criteri indicati dall’articolo 1, comma 2, lettera a) del D.Lgs. n. 66/2003. Ovvero:

  • il prestatore di lavoro deve essere al lavoro,
  • deve essere anche a disposizione del datore di lavoro,
  • nonché deve essere nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.

Niente distinzioni tra orario di lavoro effettivo e tempo dedicato al lavoro
Nella normativa non è più presente, quindi, alcun riferimento alla nozione di orario di lavoro effettivo, e per questo va considerato orario di lavoro sia il tempo dedicato al lavoro che quello in cui il lavoratore è presente nel luogo di lavoro; vale a dire disponibile a far fronte alle necessità del datore di lavoro con la propria attività. 

A titolo di esempio, si ritiene che rientrino nell’orario di lavoro:

  • la timbratura del cartellino;
  • il tempo necessario per la vestizione quando è d’obbligo una divisa ed è disciplinato il tempo e il luogo in cui deve avvenire;
  • l’entrata ed uscita dal pozzo nelle cave e nelle miniere.

Al contrario, si ritiene generalmente che non rientri nell’orario di lavoro il periodo in cui il lavoratore sia reperibile perché, pur essendo limitata la sua libertà, non è al lavoro né nell’esercizio delle sue attività o funzioni; nel caso di specie al prestatore di lavoro viene riconosciuto come orario di lavoro la prestazione effettuata solo se effettivamente chiamato al lavoro.

Le ore di viaggio durante la trasferta di lavoro
Particolarmente delicata è la questione relativa alle ore di viaggio effettuate quando il lavoratore è in trasferta. Ovvero quando presti temporaneamente la propria attività in un luogo diverso da quello in cui effettua normalmente la sua prestazione lavorativa.

In generale, si ritengono non rientranti nell’orario di lavoro tutte le attività preparatorie allo svolgimento della prestazione che avvengono allorquando il prestatore di lavoro non sia soggetto al potere direttivo del datore di lavoro; ma possa, al contrario, godere di una certa autonomia. In tal senso non rientrerebbero nell’orario di lavoro le ore di viaggio quando il lavoratore sia libero di scegliere i tempi di partenza, il mezzo di trasporto, e così via.

A quanto sopra occorre aggiungere che, anche se ai fini del calcolo del superamento dei limiti, lo stesso D.Lgs. n. 66/2003 – art. 8, comma 3 – non computa come orario di lavoro il tempo impiegato per recarsi sul posto di lavoro e il ritorno, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi. 

La giurisprudenza con riferimento alla trasferta, dal canto suo, ritiene che qualora al lavoratore sia corrisposta un’indennità di trasferta di tipo retributivo, il tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro non sia da sommare al normale orario di lavoro perché l’indennità di trasferta è volta anche a compensare il disagio psico-fisico degli spostamenti. Qualora, invece, l’indennità di trasferta abbia una funzione di rimborso delle spese sostenute dal prestatore di lavoro, se il tempo di viaggio avviene al di fuori dell’orario di lavoro va assimilato all’orario di lavoro.

Ricapitolando, NON VA considerato orario di lavoro:

  • il tempo necessario alle attività preparatorie allo svolgimento del lavoro (se non vi è subordinazione diretta del datore di lavoro, ma il lavoratore ha autonomia);
  • le ore di viaggio se è il lavoratore a scegliere tempi e modi del viaggio stesso;
  • il commuting casa-lavoro (se non diversamente previsto dal CCNL);
  • il tempo di trasferta per il quale è prevista un’indennità.

Mentre VA considerato orario di lavoro:

  • il tempo di viaggio per cui è prevista un’indennità a titolo di rimborso spese precedentemente sostenute dal lavoratore.

Il tipo di indennità per la trasferta determina la natura del tempo
Cercando un punto di incontro tra gli orientamenti giurisprudenziali e la normativa di cui al TUIR, a parere di chi scrive, si dovrebbe ritenere che ci si trovi nel primo caso quando al lavoratore si eroghi per la trasferta un’indennità forfetaria, mentre si ricadrebbe nel secondo caso qualora al lavoratore si rimborsino analiticamente le spese sostenute.

Posto quanto sopra si deve ritenere in linea con gli orientamenti giurisprudenziali, la risposta fornita dal Ministero del Lavoro all’interpello avanzato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, in merito alla possibilità di considerare orario di lavoro le ore di viaggio per trasferta dei propri dipendenti.

Ed infatti il Ministero nell’interpello n. 15/2010 ha specificato che il suddetto periodo non può considerarsi orario di lavoro, salvo diverse previsioni contrattuali, ed il trattamento economico che ne deriva – la cosiddetta indennità di trasferta – ha, appunto, natura indennitaria, nei limiti di cui all’art. 51, comma 5, del DPR 917/1986.

In conclusione si rammenta che, comunque, per la Suprema Corte, il principio in questione non è applicabile nel caso in cui il tempo di viaggio sia connaturato alla prestazione lavorativa.

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Tratto da: Il Quotidiano Ipsoa

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