Congedo mestruale: perché offrirlo ai tuoi dipendenti?

Il congedo mestruale è una tema che sta guadagnando sempre più attenzione nel mondo del lavoro, diventando oggetto di dibattito tra aziende, istituzioni e lavoratrici. Si tratta di una misura che consente alle dipendenti di prendersi giorni di riposo in caso di sintomi debilitanti legati al ciclo mestruale, senza dover ricorrere a ferie o malattia. Questo strumento può rivelarsi essenziale per garantire un ambiente lavorativo più equo, soprattutto per chi soffre di dismenorrea grave, endometriosi o altri disturbi mestruali che influiscono negativamente sulla qualità della vita e sulla produttività.

Mentre alcuni Paesi hanno già adottato politiche specifiche per il congedo mestruale, con normative ben definite che regolano il diritto delle lavoratrici a usufruirne, in molte altre realtà si discute ancora sulla sua necessità e applicabilità. Spesso, il timore delle aziende è che questa misura possa tradursi in costi aggiuntivi o in un potenziale stigma nei confronti delle lavoratrici che ne fanno richiesta. Tuttavia, studi e sperimentazioni dimostrano che un approccio più flessibile al benessere mestruale può migliorare non solo la salute delle dipendenti, ma anche la loro motivazione e il clima aziendale.

Nel contesto lavorativo moderno, dove il benessere dei dipendenti è sempre più riconosciuto come un fattore chiave per la produttività e la retention, il congedo mestruale può rappresentare un passo avanti per le aziende che vogliono essere inclusive e attente alle esigenze delle lavoratrici. L’attenzione al benessere mestruale si inserisce in una più ampia strategia di welfare aziendale, che comprende già iniziative come il lavoro flessibile, il supporto alla salute mentale e i benefit legati alla genitorialità. 

Ma quali sono i benefici concreti del congedo mestruale?
In che modo può impattare la produttività e la soddisfazione lavorativa?
E quali criticità bisogna affrontare per implementarlo in modo efficace, evitando discriminazioni o abusi?

Panoramica globale del congedo mestruale


La panoramica globale del congedo mestruale vede coinvolti diversi Paesi nel mondo, seppur con modalità e livelli di applicazione differenti. Alcune nazioni hanno introdotto normative specifiche che garantiscono il diritto delle lavoratrici a prendersi giorni di riposo in caso di sintomi debilitanti legati al ciclo mestruale, mentre altre lasciano questa decisione alla discrezione delle aziende o prevedono politiche non obbligatorie. Analizzare queste esperienze è fondamentale per comprendere come il congedo mestruale possa essere implementato con successo e quali criticità possono emergere.

Paesi che hanno introdotto il congedo mestruale

  • Giappone
    Il Giappone è stato uno dei primi Paesi al mondo a introdurre il congedo mestruale. Dal 1947, la legge sul lavoro giapponese prevede che le lavoratrici possano richiedere giorni di assenza se il ciclo mestruale è particolarmente doloroso, senza perdita di stipendio. Tuttavia, l’effettiva applicazione della misura varia: molte dipendenti evitano di usufruirne per paura dello stigma sociale o perché preferiscono utilizzare altre forme di permesso. In alcune aziende, infatti, il congedo mestruale è considerato un tabù e le lavoratrici possono sentirsi a disagio nel farne richiesta.

  • Corea del Sud
    In Corea del Sud, le lavoratrici hanno diritto a un giorno di congedo mestruale al mese. Tuttavia, questa giornata non è necessariamente retribuita e il tasso di utilizzo è relativamente basso. Molte donne sudcoreane preferiscono non richiederlo per evitare discriminazioni sul posto di lavoro, un fenomeno che evidenzia come le politiche di welfare debbano essere accompagnate da un cambiamento culturale per essere realmente efficaci.

  • Taiwan
    In Taiwan, il congedo mestruale è regolamentato dalla legge sulla parità di genere nel lavoro. Le lavoratrici possono usufruire di tre giorni di congedo mestruale all’anno con retribuzione parziale. Tuttavia, se superano questo limite, possono utilizzare altre forme di permesso medico, ma con una decurtazione salariale.

  • Spagna
    La Spagna è uno dei pochi Paesi europei ad aver introdotto una normativa chiara sul congedo mestruale. Nel 2023, il governo ha approvato una legge che consente alle lavoratrici con dolori mestruali invalidanti di usufruire di giorni di assenza coperti dal sistema sanitario pubblico. La misura ha suscitato ampio dibattito, con alcuni critici che temono un impatto negativo sull’occupazione femminile e sostenitori che la vedono come un passo avanti per il benessere e l’uguaglianza di genere.

  • Indonesia
    In Indonesia, le lavoratrici hanno diritto a due giorni di congedo mestruale al mese senza necessità di fornire un certificato medico. Tuttavia, l’applicazione varia da azienda a azienda, e molte lavoratrici riportano difficoltà nell’accedere a questo beneficio a causa di pratiche aziendali restrittive.

Oltre ai Paesi che hanno implementato normative nazionali, molte aziende multinazionali stanno introducendo autonomamente il congedo mestruale come parte delle loro politiche di welfare aziendale. In nazioni come il Regno Unito, gli Stati Uniti e l’Australia, non esiste una legge specifica sul congedo mestruale, ma diverse imprese hanno deciso di adottarlo su base volontaria.

Alcuni esempi includono:

  • Zomato, una delle principali aziende di food delivery in India, ha introdotto il congedo mestruale per le proprie dipendenti, incentivando la normalizzazione del tema all’interno del contesto lavorativo.
  • Coexist, un’azienda britannica, ha implementato un “menstrual policy” che consente alle lavoratrici di prendere giorni di riposo in modo flessibile, riconoscendo il ciclo mestruale come una questione di salute e produttività.
  • Modibodi, un brand australiano di prodotti mestruali, offre ai suoi dipendenti con ciclo mestruale giorni di permesso retribuiti senza richiedere giustificazioni mediche.

Cosa possiamo imparare da questi modelli?

L’analisi delle esperienze internazionali dimostra che il congedo mestruale non è un’idea astratta, ma una pratica concreta che può essere adottata in modi diversi, a seconda delle esigenze culturali, legislative e lavorative di ciascun Paese. Tuttavia, per garantire il successo di questa misura, è essenziale:

  • Combattere lo stigma
    In molti Paesi, le donne evitano di usufruire del congedo mestruale per paura di essere giudicate o discriminate. È fondamentale promuovere un cambiamento culturale per normalizzare il tema.
  • Garantire flessibilità
    Alcuni modelli, come quello britannico o australiano, dimostrano che le aziende possono introdurre il congedo mestruale senza attendere una normativa nazionale, adattandolo alle proprie esigenze.
  • Affiancare altre misure di benessere
    Il congedo mestruale funziona meglio se integrato in una strategia più ampia di welfare aziendale, che comprenda anche il lavoro flessibile, il supporto alla salute mentale e benefit specifici per il benessere delle lavoratrici.

Con una crescente attenzione alla salute e al benessere sul posto di lavoro, il congedo mestruale potrebbe diventare una misura sempre più diffusa a livello globale. Per le aziende che vogliono distinguersi per inclusività e attenzione ai dipendenti, è un’opportunità da prendere in seria considerazione.

Il dibattito in Italia sul congedo mestruale

Il dibattito sul congedo mestruale in Italia è aperto da anni, ma finora non ha portato a risultati concreti a livello legislativo. Se da un lato l’attenzione verso il benessere dei dipendenti è in crescita, dall’altro permangono resistenze e preoccupazioni legate all’applicazione di questa misura, sia da parte delle aziende sia dell’opinione pubblica.

Nel 2017, è stata presentata una proposta di legge per introdurre tre giorni di congedo mestruale retribuito per le donne che soffrono di dismenorrea severa, ovvero dolori mestruali particolarmente intensi e invalidanti. La proposta prevedeva che il congedo fosse concesso dietro presentazione di certificato medico, senza impattare sulle ferie o sulla malattia ordinaria. Tuttavia, il disegno di legge non è mai stato approvato e, da allora, il tema non è più stato oggetto di discussione concreta a livello parlamentare.

La mancata approvazione della legge è stata motivata da diversi fattori, tra cui:

  • Preoccupazioni economiche e organizzative
    Si temeva un impatto sulle aziende, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, che avrebbero dovuto affrontare assenze impreviste.

  • Possibili discriminazioni in fase di assunzioneAlcuni esperti hanno sollevato il rischio che le aziende potessero essere meno propense ad assumere donne in età fertile per evitare il costo aggiuntivo del congedo.

  • Dubbi sull’equità
    C’è chi ha sostenuto che altre patologie croniche che possono influenzare la produttività dei lavoratori non ricevono lo stesso livello di attenzione.

Di conseguenza, mentre altri Paesi hanno iniziato ad adottare normative specifiche, in Italia la regolamentazione del congedo mestruale è rimasta esclusivamente una scelta aziendale, senza un quadro normativo chiaro.

Nonostante l’assenza di una legge nazionale, alcune aziende italiane si sono distinte introducendo politiche di congedo mestruale all’interno dei propri programmi di welfare. In particolare, start-up e imprese innovative, soprattutto nel settore tech e digitale, stanno adottando misure che consentono alle lavoratrici di assentarsi nei giorni di ciclo particolarmente doloroso, senza dover giustificare l’assenza con un certificato medico.

Alcuni esempi di aziende che hanno implementato il congedo mestruale in Italia includono:

  • Ormesani: un’azienda veneta specializzata in logistica e trasporti, che ha introdotto nel 2022 un giorno di congedo mestruale retribuito per le sue dipendenti, con l’obiettivo di favorire il benessere sul lavoro.
  • Edison: tra le prime grandi aziende italiane ad adottare una politica di congedo mestruale, offrendo alle proprie lavoratrici fino a due giorni di assenza al mese senza bisogno di certificazione medica.
  • Large Italian tech companies, alcune startup del settore tecnologico hanno iniziato a implementare il congedo mestruale come parte delle loro politiche di inclusione e diversity.

Tuttavia, la maggior parte delle aziende italiane non ha ancora preso in considerazione questa possibilità. Il motivo principale è la mancanza di una normativa chiara che regoli la misura, ma esistono anche resistenze culturali e preoccupazioni pratiche legate alla gestione delle assenze.

Da un lato, ci sono molte persone che sostengono la sua introduzione come un passo necessario per garantire pari opportunità e benessere alle lavoratrici. Dall’altro, ci sono preoccupazioni che questa misura possa generare discriminazioni o avere conseguenze indesiderate per la carriera delle donne.

Le principali posizioni a favore del congedo mestruale affermano che:

  • Può migliorare la qualità della vita lavorativa di molte donne
  • Aumenta la produttività per chi a causa dei dolori può avere difficoltà a concentrarsi e a lavorare con efficienza
  • Promuove un ambiente di lavoro più inclusivo: il congedo mestruale è visto come un segnale di attenzione da parte delle aziende nei confronti del benessere delle dipendenti, contribuendo a un clima lavorativo più equo e positivo.

Anche se in Italia non esiste ancora una legge sul congedo mestruale, il tema sta diventando sempre più rilevante. Negli ultimi anni, la crescente attenzione al benessere lavorativo e alle politiche di inclusione sta spingendo alcune aziende a sperimentare nuove soluzioni, come il congedo mestruale o altre forme di flessibilità lavorativa.

In un mondo del lavoro in continua evoluzione, dove il benessere dei dipendenti è sempre più considerato un valore strategico, il congedo mestruale potrebbe diventare una misura sempre più diffusa anche in Italia. Per le aziende che vogliono distinguersi come luoghi di lavoro attenti alle esigenze delle proprie dipendenti, questa potrebbe essere un’opportunità da valutare con attenzione.

Le aziende perché dovrebbero considerarlo?

Le aziende dovrebbero pensare a implementare il congedo mestruale non solo per una questione di equità, ma perché rappresenta una strategia vincente per le aziende che vogliono migliorare il proprio ambiente di lavoro e ottenere vantaggi competitivi. Un’azienda attenta al benessere delle proprie dipendenti non solo rafforza la propria reputazione, ma crea anche un ambiente più produttivo e inclusivo.

Vediamo insieme quali possono essere i benefici concreti per le aziende:

  1. Miglioramento della produttività
    Le lavoratrici che soffrono di dolori mestruali invalidanti spesso si presentano comunque al lavoro, ma con prestazioni ridotte a causa della difficoltà a concentrarsi, del malessere fisico e della stanchezza. Questo fenomeno, noto come presenteismo, può avere un impatto negativo sulla produttività complessiva. Offrire la possibilità di riposarsi nei giorni più difficili significa consentire alle lavoratrici di recuperare e tornare operative in condizioni migliori, con un impatto positivo sulle performance nel lungo periodo.

  2. Maggiore engagement e retention
    Il benessere dei dipendenti è ormai riconosciuto come un fattore chiave per la retention aziendale. Le lavoratrici che si sentono supportate dalla propria azienda sono più motivate e meno propense a cercare nuove opportunità altrove. Un ambiente di lavoro che riconosce e valorizza le esigenze delle proprie risorse umane porta a un maggiore engagement, riducendo i tassi di turnover e i costi associati alla sostituzione del personale.

  3. Employer branding e attrazione dei talenti
    In un mercato del lavoro sempre più competitivo, le aziende devono distinguersi per attrarre i migliori talenti. Offrire il congedo mestruale può diventare un elemento distintivo all’interno delle politiche di welfare aziendale, dimostrando un autentico impegno verso il benessere dei dipendenti. Le nuove generazioni di lavoratrici e lavoratori prestano particolare attenzione alle politiche aziendali in tema di inclusione e work-life balance, e una misura come questa può rappresentare un importante vantaggio competitivo nella talent acquisition.

  4. Inclusività e parità di genere
    Affrontare apertamente il tema della salute mestruale aiuta a ridurre il tabù che ancora circonda questa tematica e contribuisce a creare un ambiente lavorativo più equo e accogliente. In molte aziende, le politiche di welfare sono pensate su modelli tradizionalmente maschili, ignorando le esigenze specifiche delle lavoratrici. Il congedo mestruale rappresenta un passo avanti verso una vera equità di genere, riconoscendo le differenze biologiche senza trasformarle in un ostacolo professionale.

Naturalmente ci sono anche delle sfide da affrontare perché l’implementazione sia davvero efficace. Se da un lato il congedo mestruale può portare numerosi vantaggi, dall’altro la sua introduzione richiede una gestione attenta per evitare criticità e resistenze. 

Ecco alcuni aspetti da considerare:

  • Definisci i criteri in modo chiaro per l’accesso al congedo
    È fondamentale stabilire delle linee guida precise su come il congedo debba essere richiesto e utilizzato. 
  • Assicurati che il congedo non penalizzi la crescita professionale
    Un’eventuale preoccupazione da parte delle lavoratrici potrebbe essere il rischio di essere percepite come meno affidabili o meno performanti rispetto ai colleghi. Le aziende devono garantire che l’accesso al congedo mestruale non diventi un ostacolo per la carriera delle dipendenti
  • Educa manager e dipendenti per abbattere pregiudizi e stereotipi
    Per rendere davvero efficace il congedo mestruale, è essenziale che venga accompagnato da una cultura aziendale aperta e inclusiva. I manager e i colleghi devono essere sensibilizzati sull’importanza della salute mestruale per evitare stigmatizzazioni e incomprensioni.
  • Integra il congedo mestruale con altre politiche di benessere
    Il congedo mestruale dovrebbe essere parte di un più ampio programma di welfare aziendale, che includa anche misure come la flessibilità oraria, la possibilità di lavorare da remoto, l’accesso a cure sanitarie e programmi di supporto alla salute femminile.

Adottare il congedo mestruale non è solo una scelta etica, ma una strategia vincente per migliorare il benessere delle lavoratrici e, di conseguenza, la produttività aziendale. Creare un ambiente di lavoro che tenga conto delle esigenze reali dei dipendenti significa investire in una cultura aziendale più inclusiva, attrattiva e sostenibile. Le aziende che sapranno integrare politiche di supporto alla salute mestruale, anche attraverso misure di flessibilità e sensibilizzazione, si posizioneranno come leader nell’innovazione del workplace.

Affrontare questa sfida con un approccio proattivo permette non solo di trattenere i migliori talenti, ma anche di valorizzare la diversità all’interno dell’organizzazione, favorendo un clima lavorativo più equo e collaborativo. In un mercato sempre più attento al benessere e alla sostenibilità, distinguersi come employer responsabile non è più un’opzione, ma una necessità.

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